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L'esperienza dei Piani sociali di zona a dieci anni dalla legge 328

Data: 12/05/2010
Categoria: Altre News
Uno studio elaborato dallo Spi Cgil in dodici regioni italiane evidenzia forti differenze nel paese in termini di servizi e dotazioni finanziarie
A dieci anni dall“approvazione della legge 328 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, l“utilizzo di quegli strumenti per effettuare la programmazione e il governo locale delle politiche sociali, che sono i Piani di zona, risulta potenziato in tutte le regioni italiane. A metterlo in rilievo un rapporto di ricerca portato avanti dallo Spi Cgil dal titolo "Per un nuovo welfare locale. L“esperienza dei Piani sociali di zona e dei Piani regolatori sociali. La spesa sociale". La ricerca è stata condotta tra il 2004 e il 2008 su un campione di 118 Piani sociali di zona rappresentativi del territorio nazionale e sui bilanci dei comuni con popolazione superiore ai 30 mila abitanti. In particolare, sono stati presi in esame i Piani di zona elaborati in dodici regioni diverse: Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Dalla ricerca emerge, ancora una volta, una situazione a macchia di leopardo, con forti differenze tra un territorio e l“altro sia in termini di organizzazione delle attività sia e soprattutto in termini di dotazioni finanziarie dei singoli piani. E ancora una volta si delinea la fotografia di un paese a due velocità: al Sud, mediamente, il piano di zona gestisce risorse pari al 40% di un Piano attivato nelle regioni del Nord e circa il 60% degli organismi attivati nelle aree territoriali del Centro. Stando ai dati presentati nella ricerca, nel 40% dei Piani di zona riformulati nel triennio 2007/2009 è stata prevista l“attivazione di almeno un nuovo intervento o servizio (finanziato con la spesa corrente), rispetto alla tradizionale gestione del singolo comune. Si tratta di un risultato positivo commentano i curatori della ricerca che non può però essere esteso alla componente della spesa in conto capitale. Infatti, la dotazione di risorse destinate alle infrastrutture sociali (case di riposo, asili nido, centri diurni...) è rimasta pressochè stabile negli ultimi 5 anni, con un incidenza percentuale sul totale delle spese in conto capitale inferiore al 3%.


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