Cerca nel sito:  

“A rischio la programmazione sociale del prossimo triennio”

Data: 06/09/2011
Categoria: News Regione Puglia
In un'intervista a Redattore Sociale l'assessore regionale al welfare Elena Gentile rilancia il problema dei tagli con una riflessione a 360°
Elena Gentile, assessore al Welfare della Regione Puglia, come molti suoi colleghi si trova a dover fare i conti e a capire come i tagli agli enti locali previsti in manovra incideranno sulle capacità di risposta alle esigenze dei cittadini. Una manovra che proprio in queste ore potrebbe trovare una sua dimensione definitiva. Tra le problematiche poste, le difficoltà dei comuni nell“assicurare il co-finanziamento di alcuni servizi e quelle di programmazione sociale per il triennio 2012-2014. Alla luce dei tagli operati dal governo nazionale e della manovra finanziaria come si prospettano le politiche sociali sul territorio della Puglia? E a partire da quando si patiranno gli effetti concreti? Le politiche ordinarie di attivazione e gestione dei servizi sociali, socio educativi e sociosanitari sono assicurate fino a tutto il 2012 per quanto già programmato con il secondo Piano Regionale delle Politiche Sociali e definito a livello di tutti gli Ambiti territoriali sociali con i rispettivi Piani Sociali di zona (2010-2012).Allo stato attuale per il triennio di programmazione in corso il problema più concreto si può determinare sulle quote di co-finanziamento assicurate dai Comuni, dal momento che i tagli ai trasferimenti erariali nei loro Bilanci, non consentiranno già nel 2012 il mantenimento degli impegni assunti. Per quanto riguarda la programmazione sociale regionale intravedo due questioni cruciali: è a rischio in questo momento la programmazione sociale regionale per il triennio 2012-2014, perchè con l“azzeramento di Fna (Fondo nazionale per la non autosufficienza) e di Fnps (Fondo nazionale politiche sociali) resta veramente ben poco, cioè i finanziamenti regionali e locali; la Puglia esce da un intenso quadriennio (2008-2011) di investimenti di risorse Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) per l“infrastrutturazione sociale proprio nel periodo in cui vanno drammaticamente riducendosi le risorse per il pagamento delle rette e quindi per lo start-up e la sostenibilità gestionale dei centri diurni, degli asili nido, delle strutture residenziali per anziani e disabili, delle comunità per minori, eccÖ In entrambi i casi non sfugge che l“impatto, oltre che essere serio sul piano sociale e della garanzia dei principali livelli di servizio, rischia di essere devastante sul piano occupazionale ed economico. A qualcuno sfugge che l“economia sociale è un pezzo di Pil e una parte importante di buona occupazione. La Puglia ha previsto delle riduzioni/tagli nel proprio bilancio per far fronte a questa situazione? Negli ultimi due anni, a fronte dei tagli operati dal governo nazionale, la Giunta Regionale ha scelto coraggiosamente di confermare gli stanziamenti di bilancio autonomo, tanto è vero che nel 2011 per la prima volta il finanziamento da bilancio regionale autonomo per i Piani Sociali di Zona (15 milioni di euro) supera il finanziamento da Fnps (circa 12,5 milioni di euro). Nel bilancio 2011 la spesa sociale programmata sulle risorse regionali ha superato i 42 milioni di euro, quindi molto superiore a quello che il Governo trasferisce alla Puglia. Quello che succederà per il bilancio di previsione 2012 si comincerà a stimarlo solo dopo che potremo permetterci il lusso di conoscere i contenuti certi di questa manovra rispetto agli effetti in termini di tagli a Regioni ed Enti locali, ma purtroppo non intravedo nulla di buono. La Puglia ha una morfologia molto differenziata. Vi saranno dei territori che patiranno più di altri le conseguenze di questa situazione? Sicuramente le grandi città, e Bari in testa, ne risentiranno di più, perchè insieme alla maggiore dimensione dei tagli ai trasferimenti erariali in termini assoluti, si aggiunge la criticità connessa al fatto che nelle aree urbane metropolitane e di maggiori dimensioni si concentrano emergenze sociali e maggiore domanda di servizi. Solo per fare alcuni esempi: Bari, Brindisi, Taranto e Foggia fanno registrare una maggiore presenza di minori stranieri non accompagnati e di situazioni di fragilità familiari che comportano l“allontanamento di minori dalle famiglie di origine. I maggiori tassi occupazionali femminili producono una maggiore domanda di servizi per la prima infanzia, ma anche la maggiore domanda per servizi a ciclo diurno per disabili e anziani. E poi le condizioni di povertà che ormai toccano anche gruppi sociali tradizionalmente considerati al riparo, fanno il resto. Vi sono servizi che verranno dismessi a causa dei tagli? Per ora non parlerei di dismissione, ma di sicuro di forte difficoltà a promuovere una domanda qualificata di servizi di cura da parte delle famiglie e rivolti alla offerta più nuova e qualificata che in questi anni abbiamo incentivato sul piano degli investimenti. E“ difficile convincere una famiglia ad usufruire del nido per un bambino se la retta a suo carico, con la riduzione della compartecipazione comunale, schizzerà a 500-700 euro mensili: il trade-off con la rinuncia al secondo reddito da lavoro, ovviamente della donna, è un rischio concreto. E ancora: se per poche ore al giorno di ADI (assistenza domiciliare integrata, ndr) e per la frequenza al centro diurno per un malato di Alzheimer la spesa mensile per una famiglia supererà i 1000 euro, si rischia di portare sul lastrico le famiglie medie ovvero di spingere di nuovo verso i ricoveri impropri in ospedale o nelle strutture sanitarie ad elevata intensità, con un impatto ben più costoso sul sistema. Di contro la sanità ha subito solo molto marginalmente lo scossone finanziario. Qualcuno minaccia l“assunzione del sociale nel sanitario. » plausibile? Cosa significherebbe in termini concreti? In questo momento abbiamo il problema di portare le Asl a destinare una quota vincolata del proprio budget alle prestazioni sociosanitarie LEA (ad es. il 50% del costo ADI, della retta per i centri diurni, della retta per la RSSA anziani e disabili), perchè questo consentirebbe una razionalizzazione della spesa sanitaria e concreti risparmi. Diversamente i ricoveri impropri e i lunghi periodi di permanenza in strutture ad elevata intensità assistenziale faranno lievitare i costi sanitari e questo nessuna Regione, ancor più una Regione in piano di rientro come la Puglia, potrebbe permetterselo. Per questo è ancora più miope e pericolosa la sciatteria con cui il Governo nazionale, sta gestendo la manovra economica. Qui non si discute solo di effetti depressivi, ma anche di effetti discorsivi che rischiano di portare il sistema di welfare italiano a prima della legge Crispi, cioè a prima del 1890. Non è un caso che, nel DDL Delega di riforma del fisco e dell“assistenza, si parla di assistenza di realmente bisognosi, e sono saltati termini come inclusione sociale, promozione, qualità dei servizi. Le implicazioni culturali ed economiche di questo approccio sono enormemente gravi, ma questo nostro Paese non trova il tempo di discuterne. Questo è agghiacciante. La Puglia ha investito molto in infrastrutture sociali. C“è il rischio che rimangano dei contenitori vuoti perchè non ci sono i fondi per gestire. Su cosa puntare, cosa fare? La Puglia ovviamente non può permettersi il lusso di mettere a rischio gli investimenti che in questi ultimi 4 anni sono stati realizzati, anche incentivando i privati, con un impegno di oltre 250 milioni di euro, per realizzare nuove infrastrutture sociali e sociosanitarie. Oggi l“offerta presente in Puglia è molto superiore a quella delle altre regioni del Mezzogiorno e si va avvicinando alle principali Regioni del centro-nord. Non possiamo permetterci di fare alcun passo indietro. E per questo serve sostenere la gestione delle strutture ma senza contributi economici a pioggia: abbiamo scelto di farlo sostenendo la domanda con buoni-servizi, contributi economici per la conciliazione e sostegno economico che sia vincolato all“acquisto di servizi autorizzati e qualificati. Questo produce insieme: mercato per i servizi migliori, qualificazione della domanda da parte delle famiglie, sostenibilità gestionale e stabilità dei posti di lavoro. A questo obiettivo abbiamo vincolato 20 milioni di euro annui tra assegni di cura e prima dote per i nuovi nati e, a partire dal 2012, circa 60 milioni di euro di risorse FESR vincolate. In attesa di capire cosa accadrà per i 64 milioni di euro di risorse FAS (fondi per le aree sottoutilizzate) assegnate alla Puglia in termini di premialità per gli obiettivi di servizio ADI e Asili Nido, sulla cui liquidazione alle Regioni ancora il Ministero dell“Economia non riesce a dare indicazioni certe.


Torna all'elenco delle notizie
Sede centrale: Via Gentile, n.1a Lecce Tel.: 0832 392640 Fax: 0832 392640 E-mail:
Copyright © 2013-2015 Csvsalento. Tutti i diritti riservati.