Italia condannata su immigrazione e carcere
Data:
29/02/2012Categoria: Altre News
Alla sanzione esemplare della Corte europea dei diritti dell'uomo per i respingimenti verso la Libia si aggiunge quella sulla gestione delle cure mediche per i detenuti
Tutti i nodi vengono al pettine e le politiche italiane su immigrazione e carcere sono al centro dell'attenzione delle più alte istituzioni europee. » di qualche giorno fa, infatti, la notizia della
condanna unanime da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo per i respingimenti in mare verso la Libia avvenuti tra il 6 e il 7 maggio 2009 per i quali l'Italia dovrà pagare un risarcimento di 15mila euro per 22 dei 24 ricorrenti. A questa esemplare sanzione, se ne aggiunge un'altra che tocca
il sistema delle carceri italiane e che arriva ancora una volta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Con la sentenza del 7 febbraio 2012 (Cara-Damiani, n. 2447/05), infatti, l'Italia è stata condannata in merito alla
gestione dell'assistenza medica all'interno delle carceri. Gli Stati, infatti, devono assicurare ai detenuti un trattamento che garantisca il pieno rispetto della dignità umana e nel caso di individui malati o affetti da disabilità motorie, le autorità nazionali devono mettere in campo trattamenti idonei a evitare che la salute peggiori. Se lo Stato non assicura cure mediche appropriate, tenendo conto del livello offerto in via generale alla collettività, incorre in una violazione della Convenzione dei diritti dell'uomo ed è responsabile di trattamenti disumani e degradanti. La Corte ha, infatti, allargato i confini della protezione dei detenuti, chiarendo che le cure mediche in carcere sono appropriate quando sono ´comparabili a quelle che le autorità nazionali si sono impegnate a fornire all'insieme della popolazioneª. Questo, in realtà, non implica che debba essere garantito a tutti i detenuti lo stesso livello delle migliori cure mediche disponibili all'esterno, altrimenti sarebbe difficile conciliare le esigenze legate alla detenzione con le cure mediche. Gli Stati, quindi, devono garantire la protezione della salute del detenuto tenendo conto delle contingenze della detenzione: non esiste l'obbligo di rimettere in libertà i detenuti o trasferirli in ospedali civili.
La sentenza arriva in seguito al ricorso di un detenuto nell'istituto penitenziario di Parma colpito da diverse patologie, che gli impedivano movimenti autonomi. Un istituto dotato di una sezione specializzata per persone disabili ma a causa dei ritardi nell'apertura della struttura per i tagli al budget e per il poco personale disponibile, è stato recluso nella sezione ordinaria. Malgrado i ripetuti allarmi lanciati dai medici, secondo i quali l'assenza di terapie riabilitative avrebbe causato un peggioramento della salute del detenuto, nulla era stato fatto. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura e i trattamenti disumani e degradanti, obbligando le autorità nazionali a risarcire la vittima con un indennizzo di 10mila euro.
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