Ripensare il welfare locale
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Dopo i tagli dei trasferimenti i Comuni si stanno organizzando per mantenere i livelli essenziali. In un'indagine Cittalia-Anci analizza la difficile situazione

Non è una novità. Il welfare locale si trova davanti una sfida difficile da affrontare considerando che già nel 2011 i trasferimenti hanno subito un drastico taglio. A metterlo in evidenza l'indagine Cittalia-Anci (Centro studi dell'Anci) “Ripensare allo sviluppo del welfare locale. Dal quadro attuale alle priorità di intervento future” in cui si analizza non solo la mole di tagli, ma anche le modalità messe in atto dai Comuni per fronteggiare questa situazione. Il Fondo nazionale per le politiche sociali è stato infatti tagliato del 50% rispetto al 2010 mentre la quota del Fondo destinata direttamente ai comuni è stata sostanzialmente azzerata.
Sono sempre più spesso i Comuni, infatti, a mettere in campo le proprie risorse per finanziare la spesa sociale e garantire livelli quantitativi e qualitativi soddisfacenti di servizi e prestazioni sociali.
Quasi il 70% infatti viene finanziato attraverso le risorse dei bilanci comunali, mentre i contributi statali coprono poco più del 16 per cento della spesa locale: le regioni riescono invece a sostenere con risorse proprie appena il 15 per cento delle spese destinate al welfare locale. Dall’analisi della spesa sociale gestita dai comuni nel 2008 emerge che la media pro-capite è di 111 euro con una distribuzione territoriale squilibrata: si va da un minimo di 30 euro pro-capite in Calabria ad un massimo di 280 euro nella provincia autonoma di Trento. In Puglia la spesa è di circa 52 euro.
Nonostante i vincoli imposti dal patto di stabilità i Comuni hanno continuato ad indirizzare buona parte delle risorse al settore sociale, confermando la propria funzione di supporto in favore della categorie più deboli che ha acquisito una sempre maggiore importanza nel bilancio comunale. E se famiglia e minori, anziani e persone con disabilità sono i principali destinatari delle prestazioni di welfare locale, su queste tre fasce della popolazione di concentra oltre l’82% delle risorse impiegate dedicate principalmente a servizi socio-educativi per la prima infanzia (40,3%) seguiti da quelli per gli anziani (21,2%) e per le persone con disabilità (21,1%). Lo studio individua anche l’importanza di una ridefinizione del sistema del welfare locale alla luce dell’attuale situazione socio-demografica italiana, che vede un aumento della popolazione anziana e di quella immigrata, che è pari al 195 per cento rappresentando così il 7,5% del totale dei residenti. Più investimenti centrali sul tema, riallocazione delle risorse da parte dello Stato per le politiche sociali e migliore sinergia con le regioni per evitare una sovraesposizione economica dei comuni sul fronte sociale sono le priorità individuate dallo studio, che suggerisce un rafforzamento della programmazione regionale attraverso un accordo quadro Regioni-Comuni o individuando, a livello di ogni singola regione, sedi, strumenti e procedure di raccordo e concertazione, come indicato dall’articolo 8 della legge 328/2000.
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