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I disabili gravi sospendono lo sciopero della fame

Data: 30/10/2012
Categoria: Altre News

Il ministro Fornero ha promessa il ripristino del fondo per la non autosufficienza. Allo studio anche la fattibilità del progetto "Restare a casa" presentato dal Comitato 16 novembre

Dopo sei giorni di sciopero della fame e dei farmaci in segno di protesta per reagire all'indifferenza del governo, i 70 disabili gravi e gravissimi che aderiscono al Comitato 16 novembre hanno ripreso a nutrisrsi. Ad accendere una luce di speranza, una telefonata del ministro Elsa Fornero alla presidente del Comitato. Il ministro avrebbe rassicurato il Comitato con la promessa della ricostituzione del fondo nazionale per la non autosufficienza. Il ministro si è impegnata a consultare il presidente Monti per stabilire un importo, da inserire nel fondo, partecipare all'incontro in Sardegna nella sede del Comitato, cui parteciperanno anche i ministri Balduzzi e Fornero e un sottosegretario dell’Economia.

Le richieste del Comitato sono ben chiare. Il fondo per la non autosufficienza deve essere di almeno 400milioni, dedicati prioritariamente ai disabili gravi e gravissimi. Il fondo deve essere, inoltre, blindato sugli obiettivi (piani individualizzati) per evitare un'eventuale distorsione da parte delle Regioni. Allo studio anche la fattibilità del progetto presentato dal Comitato “Restare a casa” che ha  come cardine il permanere del malato in famiglia, con l’eventuale rientro da struttura sociosanitaria o ospedaliera. Il progetto è destinato ai disabili gravissimi fisici e psichici affetti da patologie degenerative, demenza, traumi gravi, coma, comunque tutti i casi bisognosi di assistenza vigile per i bisogni vitali e prevede un costo di 1.650milioni di euro, da reperire, secondo i calcoli del Comitato, grazie ad azioni ben precise.

«Il progetto risulta un investimento attivo che procura risparmi consistenti nel tempo. 750 milioni si possono trasferire dalla Sanità, capitolo relativo alle residenze sanitarie, al Welfare. I risparmi sono certi perché in RSA il costo annuo per il SSN e’ di almeno 70.000€ per malato critico. 300 milioni vanno a carico degli enti locali e 600 a carico dello stato alle Politiche sociali. Con 1.650 milioni diretti alle famiglie si retribuiscono ben 183.000.000 di ore di assistente familiare, livello C Super del Ccnl domestico corrispondenti a circa 90.000 posti di lavoro full-time. L’immissione di denaro, (1.650 milioni), con creazione di posti di lavoro crea maggiori consumi e quindi piu’ Iva (300 milioni), inoltre si ha un gettito Irpef (200 milioni) e contributi Inps (180 milioni) per un totale di 680 milioni che rientrano nelle casse statali». La sostenibilità economica del progetto risiede nella messa freno della crescita esponenziale di Rsa, un peso per la comunità cui offre, tra l'altro, servizi scadenti. In questo modo, inoltre, si potrebbero creare posti di lavoro con sistemazione di tanti care-giver costretti ad abbandonare il lavoro per accudire il familiare. È quindi «un contributo alla crescita del Pil in maniera creativa sul sociale, un intervento sul sociale a costo zero che segna un’inversione di tendenza». Infine, «l’aiuto diretto alle famiglie innesca un circuito virtuoso non dissimile dal microcredito teorizzato dal premio Nobel Mohammad Yunus» e «fa diminuire i ricoveri ospedalieri: infatti, la casa e’ un ambiente povero di carica batterica».



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