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Rischio 231, anche il non profit e' soggetto al modello

Data: 07/11/2012
Categoria: Altre News

L'applicazione del modello che definisce le responsabilità da "reato" è definita in base all'assesto organizzativo dell'ente. Lo ha definito un documento di CNDCEC e IRDCEC

Anche gli operatori del mondo non profit devono essere ritenuti soggetti a “rischio 231”, il modello adottato da una persona giuridica o associazione priva di personalità giuridica, volto a prevenire la responsabilità penale avente come oggetto la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”. Il modello sposa le direttive europee del regime di responsabilità denominata “da reato”, derivante dalla commissione o tentata commissione di alcuni reati nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi. 

L'applicabilità del modello al terzo settore è rimasta per molto tempo in un limbo interpretativo data la “sensibilità” di alcuni servizi offerti dagli enti non profit, adducendo una sorta di “clemenza” in virtù dell’assenza del fine di lucro e la carenza del necessario carattere imprenditoriale dell’attività svolta. Per fare chiarezza sulla responsabilità da reato per il terzo settore, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili in collaborazione con l'Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha licenziato il documento “Il modello 231/2001 per gli enti non profit: una soluzione per la gestione dei rischi”. Nel documento si definisce che questi dubbi debbano essere superati in base sia al tenore letterale della disposizione, sia all’attività svolta da molti di questi enti: basta pensare ai valori immobiliari e mobiliari detenuti da alcune fondazioni o alle associazioni sportive dilettantistiche, che in molti casi diventano strumento di frodi fiscali, truffe e malversazioni.

L’analisi licenziata dal CNDCEC si basa su una premessa fondamentale: anche se potenzialmente tutti i soggetti possono essere considerati a “rischio 231”, l’adozione del modello è opportuna ed è anzi assimilabile ad un vero e proprio obbligo al ricorrere di alcuni requisiti dell’ente e di determinate circostanze operative. L'adozione di questo modello, infatti, è consigliabile e auspicabile per garantire procedure più efficienti e una migliore trasparenza verso l’esterno. Esiste poi, una soglia oltre la quale l'adozione di questo modello diventa irrinunciabile che dipende da una serie di elementi che riguardano non solo l’aspetto organizzativo, ma anche tipo di attività svolta, ammontare di risorse finanziarie e patrimoniali gestite, ecc. 



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