La Lila sui dati Hiv pubblicati dal ministero
Categoria: Altre News
Sui dati diffusi dal ministero della Salute, pronto l'intervento della Lila che afferma la necessità di una maggiore qualità di informazione e maggire prevenzione

Circa 4mila nuove infezioni l'anno, con 5,8 nuovi casi di positività all’Hiv ogni 100mila residenti. Per quanto riguarda i bambini si è visto che le nuove diagnosi da Hiv con trasmissione verticale dell'infezione, ossia da madre a figlio, sono state 11 nel 2010 e 19 nel 2011. Sono state 39 le diagnosi per persone con meno di 15 anni (14 nel 2010 e 25 nel 2011, i figli di stranieri sono 9 in tutto), e ben 15 di queste sono state per bambini con meno di 2 anni. Con questi dati l’Italia si conferma un paese a incidenza medio-alta. I dati sono stati diffusi dal Ministero della Salute, pronto un commento della Lila, che cerca di spiegare il perchè di questi numeri così alti.Secondo la Lila, la lega che da anni si batte contro l'Aids, un'incidenza così alta è dovuta principalemte a due cause: diagnosi e modalità d'infezione, entrambe riconducibili anche alla qualità dell'informazione e dei servizi rivolti alle persone.
"I Late presenters, persone che arrivano alla diagnosi di positività all’Hiv in uno stato di compromissione, inconsapevoli di avere da tempo contratto il virus, sono stati il 54 per cento nel 2010, e il 56,4 per cento nel 2011. Un dato costantemente in aumento - fanno sapere dall'associazione -, che riguarda tutte le popolazioni (eterosessuali, uomini che hanno rapporti omosessuali, consumatori di droghe per via endovenosa). In Italia la maggioranza delle persone arriva al test Hiv non in seguito a un comportamento a rischio, ma praticamente per caso, o perché si manifestano sintomi di una compromissione già avanzata, o in relazione a controlli medici dovuti ad altri percorsi clinici".
E per caso le donne scoprono in gravidanza di essere affette: il 3 per cento del totale delle nuove diagnosi da Hiv accade in gravidanza; in più, oltre il 10 per cento delle donne Late presenters ha avuto la diagnosi in gravidanza.
“Diagnosi tardiva -aggiunge la nota dell’associazione- non significa solo “non aver fatto il test”. Significa scarsa o errata percezione del rischio, e quindi mancata prevenzione, significa avere informazioni insufficienti su una patologia che può essere evitata semplicemente: con l’uso del preservativo. Ricordiamo che la stragrande maggioranza delle nuove diagnosi di Hiv, che sfiora l’80 per cento, è dovuta a rapporti sessuali, sia omo che etero (45,6 e 33,2 per cento)".
Il test, per quanto importante sia, non significa prevenire. "Serve a dignosticare l’Hiv quando l’infezione è già avvenuta! Ci chiediamo quando verrà il giorno in cui l’Italia si impegnerà a tutelare la salute dei suoi cittadini, rivolgendosi a giovani, donne, omosessuali con un linguaggio idoneo e senza pruriti. Quando la prevenzione verrà considerata per quello che è, ovvero accesso a informazioni e preservativi per tutti - conclude la note della Lila -. Quando parlerà in maniera diretta alle popolazioni più vulnerabili invece di promuovere messaggi e azioni fumosi, per niente mirati, incompleti, paternalisti, ipocriti. Quando affronterà pubblicamente i temi discriminazione e stigma, che colpiscono le persone sieropositive e l’intera popolazione scoraggiando il ricorso a test e prevenzione. Quando, in tempi di spending review, capirà che un’infezione evitata fa risparmiare non solo sofferenze, ma anche denaro”.
Torna all'elenco delle notizie