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DSM V, quali novita'?

Data: 17/12/2012
Categoria: Altre News

Approvati i nuovi criteri diagnostici del manuale che uscirà ad aprile 2013. Ecco le principali modifiche e il commento dello psicoterapeuta Cosimo Talò

Sono stati approvati i nuovi criteri diagnostici della quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (noto con l’abbreviazione DSM-V) che sarà pubblicato nella primavera del 2013. Dopo 13 anni di revisioni, gli oltre 1.500 esperti dell'American Psychiatric Association (Apa) hanno licenziato il nuovo compendio che definisce e codifica più di 300 patologie, dalla depressione, all'ansia e schizofrenia, a balbuzie e feticismo. 

Diverse le modifiche apportate. Innanzitutto si passa dalla voce disturbo autistico a quella di spettro di disturbi autistici che comprende diverse forme, tra cui la sindrome di Asperger, una forma abbastanza lieve di disturbo di socializzazione che nella quarta edizione aveva un codice a sé e ora è stata inglobata nello spettro. Una differenza sostanziale tra le due patologie: l'autismo “puro”, infatti, è molto più grave e invalidante. Il rischio da più parti sollevato è quello di apportare modifiche sostanziali anche all'accesso ai servizi educativi e sociali che dipendono necessariamente dalla diagnosi effettuata.

Il Binge eating disorder, invece, diventa disturbo autonomo e non più un Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato. Secondo le nuove linee guida per questo disturbo, saranno distinte una serie di caratteristiche per distinguere i casi che riguardano una errata percezione del proprio corpo rispetto a quelli riconducibili a depressione o ansia. Con questa modifica, inoltre, sarà possibile per medici e psicologi richiedere rimborsi assicurativi per i pazienti che mangiano in maniera incontrollata. 
«Uno dei problemi – commenta lo psicoterapeuta Cosimo Talò – è quello della “clastericità” (accorpare i comportamenti in classi sovraordinate o cluster). E, allora, accade, che alcune sindromi vengono accorpate (per es. la Sindrome di Asperger viene inserita nello “spettro autistico” oppure il Pica viene fatto rientrare nei Disturbi del Comportamento Alimentare) e altre vengono scorporate (per es. si creano i sottotipi “multisomatofome” e “somatoforme breve” all’interno del Disturbo Somatoforme). Tutti movimenti – continua Talò –che sembrano più assecondare un bisogno di chiarezza che, piuttosto, di descrivere la realtà fenomenica dei disturbi». 

Viene introdotto il Disruptive mood dysregulation disorder per arginare il fenomeno della sovradiagnosi di disturbo bipolare in età evolutiva, la dermatillomania definita Excoriation (skin-picking) disorder tra i disturbi ossessivo-compulsivi e il distrurbo da accumulo (Hoarding disorder). 

Viene ampliata, inoltre, la definizione di depressione, rimuovendo il lutto dai criteri di esclusione per fare diagnosi di Depressione maggiore. Gli psichiatri, quindi, potranno diagnosticare il disturbo depressivo anche a coloro che hanno perso da poco una persona cara. «Non sfugge – continua Talò –  il peso delle compagnie assicurative e delle società farmaceutiche nel dibattito intorno al manuale. Basta, infatti, abbassare alcuni cut-off o ridefinire alcuni criteri per ottenere un aumento delle vendite di alcuni farmaci ad hoc. Non a caso – ed è questa la critica più feroce fatta negli ultimi anni – i maggiori curatori delle sezioni del manuale sono autori graditi alle società farmaceutiche (quando, non addirittura, ex consulenti o dipendenti). Allora accade che la depressione – uno dei disturbi più complicati da definire – diventi quella cosa che si cura con gli antidepressivi. Pervertendo definitivamente il rapporto fra patologia e trattamento».

Viene creata, inoltre, una categoria onnicomprensiva di disturbi specifici dell’apprendimento e il disturbo dirompente di disregolazione dell'umore (Dmdd), in altre parole la diagnosi per «i bambini che esibiscono irritabilità persistente ed episodi frequenti di cambi repentini di umore, tre o più volte a settimana per più di un anno». Il Substance use disorder, infine, combinerà sia le categorie di abuso di sostanze che quelle di dipendenza da sostanze.  «Una delle questioni meno dibattute – commenta ancora Talò – è il problema della statistica. Diventa osservabile – e diagnosticabile – solo ciò che si ripete. Il DSM, infatti, di basa sui cut-off: un comportamento deve essersi verificato 5 (o 6 o 7) volte perché si possa diagnosticare quel tipo di disturbo. Ed è in questa direzione che sono state fatte alcune delle principali modifiche. Per esempio, sono state alzate le soglie per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività per arginare l’eccessiva prescrizione di farmaci correlati. Ma alzare le soglie vuol dire anche escludere, ipoteticamente, i “soggetti limite” (appena al di sotto dei cut-off) dalle cure gratuite del Sistema Sanitario Nazionale».

«Possiamo affermare – conclude Talò – che il DSM è un manuale utilissimo solo nella misura in cui s’impara ad usarlo e a criticarlo. È indubbio che vi è una forte necessità di definire i confini e ad accordarci sui termini, ma i corsi universitari – così come l’Ordine degli Psicologi – dovrebbero affrontare maggiormente il tema della formazione diagnostica intorno a questo manuale. È solo così che il DSM passerà dall’essere “la Bibbia della psichiatria” all’essere un’utilissima guida di viaggio».



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