A Racale il primo Cannabis social club
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Primo in Italia, con il Csc i promotori Lucia Spiri e Andrea Trisciuoglio, affetti da sclerosi multipla, vogliono aiutare i malati ad accedere alle cure e chiedono che la canapa terapia venga riconosciuta

Verrà presentato domani, alle 18,30 presso la sala consiliare del Comune di Racale, il primo Cannabis social club d’Italia. I promotori sono due giovani, Lucia Spiri di Racale e Andrea Triscuoglio di Foggia, entrambi affetti da sclerosi multipla, che fanno uso della cannabis terapia. I due da tempo si battono per la depenalizzazione della canapa per scopi terapeutici e dopo l'atto di disobbedienza civile lo scorso 18 giugno, presso Montecitorio, dove assieme alla deputata Rita Bernardini piantarono la cannabis nei vasi, adesso si lanciano in questa nuova avventura, fondando l’associazione non profit “Lapiantiamo”.
«In Europa tali associazioni son diffuse – commenta Andrea Tisciuoglio, di Foggia - a differenza degli altri, il nostro è riservato solo a chi presenta una patologia curabile con la cannabis, il nostro impegno è stare dalla parte dei malati, partire dalle loro esigenze e affiancarli nelle difficoltà che io e Lucia conosciamo bene. Il problema del mancato accesso alla terapia dipende dai forti tabù dei medici, in virtù di una legge proibitiva, la Giovanardi, contro la quale noi ci battiamo».
In conferenza parteciperanno anche il sindaco di Racale Donato Metallo; l’onorevole Rita Bernardini del partito Radicale; Mina Welby in rappresentanza dell’associazione Luca Coscioni; Ivana De Leo, avvocato dell’associazione. Intanto continua su internet la campagna per dare sostegno a chi è impegnato in questa campagna. All'appello hanno già risposto i Sud Sound System, don Gallo ed Eugenio Finardi, per citare qualcuno.
Le patologie che si possono curare con la cannabis sono molte, ottenere la cura è però molto complicato. La Puglia ha regolato l’accesso con una delibera, che consente alle farmacie ospedaliere di ricevere il Bedrocan (il nome del farmaco) direttamente dall’Olanda, anche se spesso oltre alla ritrosia dei medici nel prescrivere la cura si aggiungono altri problemi burocratici, specie per i residenti in altre regioni. In Spagna, Belgio e ora anche Francia sono nati i Csc presso i quali i malati possono ottenere le loro piante di canapa senza ricorrere al mercato nero.
«La nostra è una vera rivoluzione sociale a vantaggio unicamente dei malati – afferma Lucia - novità assoluta nel panorama italiano che vede ancora criminalizzata la pianta». In Italia si vuole provare, sapendo che le difficoltà saranno inevitabili.
Dai promotori, un plauso particolare va al coraggio del sindaco, che contro ogni pregiudizio ha voluto sostenere l’iniziativa, mettendosi a disposizione. «Accettare di ospitare l'iniziativa nel nostro Comune è stato un atto umano, di coscienza e partecipazione, ancor prima che istituzionale – sostiene il sindaco -. Sono orgoglioso di ospitare e sposo in pieno quest'iniziativa che ad altri potrà sembrare azzardata, mentre la reputo un atto di coraggio ed un puro richiamo alla democrazia». Non mancano le critiche, ma i promotori sono forti e vanno avanti per raggiungere i loro obiettivi.
«La nostra associazione non è uno strumento che adottiamo per legalizzare la droga, nel modo più assoluto – asserisce Ivana De Leo, avvocato dell’associazione – infatti vorremmo delle normative che controllino direttamente la piantagione e tutto il successivo percorso. Noi vogliamo che la canapa sia riconosciuta come terapia. L’associazione non ha scopi ludici, come molti vorrebbero credere, ma è al fianco di tutti i malati che vorrebbero accedere nel modo più semplice al farmaco. Lo Stato deve garantire la salute e il benessere di tutti i cittadini».
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