Il cyberbullismo spaventa i minori
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Save the Children pubblica i dati sul nuovo fenomeno di violenza e lancia delle iniziative per arginare il problema. Presi di mira i "diversi", fondamentale il ruolo dell'adulto nel proteggere i minori

Save the Cildren e Ipsos hanno portato a termine un'indagine sul cyberbullismo: il 72 per cento degli adolescenti e giovanissimi italiani è "il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo". Il 43 per cento testimonia atti di bullismo online verso coetanei stranieri, il 31 verso disabili.
Inesistente fino a qualche anno fa, il cyberbullismo sta, adesso, diventando il terrore dei ragazzi che usano la rete. E lo affermano i dati diffusi dall'indagine "I ragazzi e il cyber bullismo" diffusa alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata istituita dalla Commissione Europea per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi Media tra i più giovani.
Inutile dire che sono proprio i social network le piattaforme principali per questa nuova formadi violenza (61 per cento): la vittima viene colpita attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59 per cento) o tramite la creazione di gruppi "contro" (57 per cento ). Quattro minori su 10 sono testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti “diversi” per aspetto fisico (67 per cento) per orientamento sessuale (56 per cento) o perché stranieri (43 per cento).
Il fenomeno spaventa. Addirittura è ritenuto più pericoloso della droga (55 per cento), della possibilità di subire molestie da un adulto (44 per cento) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24 per cento).
Sono le madri a controllare i figli, più dei padri: 46 mamme su 100 conoscono la password del profilo del figlio, i papà sono il 36 per cento.
Viene colpito maggiormente chi è "diverso". Secondo gli osservatori è facile attirare l’attenzione del cyberbullo se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso ma anche se si è la più graziosa della classe. L’aspetto estetico (67 per cento, con picchi del 77 per cento tra le femmine dai 12 ai 14 anni), la timidezza (67 per cento, che sale al 71 per cento sempre per le ragazze preadolescenti), il supposto orientamento sessuale (56 per cento che arriva al 62 per i preadolescenti maschi), l’essere straniero (43 per cento), l’abbigliamento non convenzionale (48 per cento), la bellezza femminile che “spicca” nel gruppo (42 per cento), e persino la disabilità (31 per cento, che aumenta al 36 per cento tra le femmine dai 12 ai 14) possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno.
L'orientamento politico o religioso passano in secondo ordine attirando atti di bullismo rispettivamente per il 22 e il 20 per cento dei ragazzi.
Il dato preoccupante che emerge è che il bullismo cresce a scuola.
Per il 67 per cento dei ragazzi italiani si può esser "puntati" durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, mentre per l’80 per cento dei minori intervistati la scuola rappresenta la "residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione". Questa percentuale si innalza all’86 per cento nei pre-adolescenti maschi.
Intanto, per spiegare cosa è e per difendersi Save the Children ha realizzato una serie di strumenti utili per i ragazzi, genitori e insegnanti. Prima di tutto c'è il cartoon, disponibile anche in una applicazione per Apple e Android. Protagonista è Gaetano, un ragazzino preso di mira da propri coetanei cyberbulli, e attraverso i consigli di un coach virtuale sensibilizza i ragazzi sui comportamenti virtuosi da adottare, come singoli e come membri di un gruppo, e sulle conseguenze di ogni loro azione. Poi si conta anche un manuale per insegnanti per guidarli nell'utilizzo di questi strumenti di sensibilizzazione.
Nell'indagine emerge l'importante ruolo dell’adulto. I ragazzi dichiarano di trovare conforto nella sfera familiare, con la quale il 71 per cento afferma di vivere relazioni sostanzialmente positive e rasserenanti, facendone il luogo primario della ricerca della soluzione al problema. Sulle contromisure da adottare, per arginare il fenomeno, i ragazzi non hanno dubbi: la maggior parte suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori.
Inoltre il 41 per cento dei ragazzi intervistati chiede maggiore vigilanza da parte dei genitori. Il 41 per cento dei minori, poi, chiede ai gestori delle piattaforme social in primis, l’adozione di contromisure, mentre un 24 per cento che chiede l’intervento dei gestori telefonici.
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