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Diabete, in Puglia il fenomeno è in aumento

Data: 10/11/2013
Categoria: Altre News

Secondo i dati diffusi dall'associazione Diabete Italia onlus in occasione della Giornata mondiale celebrata il 9 e 10 novembre 2013, la Puglia è al primo posto per numero di ricoveri per diabete come diagnosi principale

La Puglia ha il primato in Italia per numero di ricoveri per diabete come diagnosi principale. Nel 2000 sono stati 1110 i ricoveri, con un calo del 14% nel 2010, scendendo a 960. Un dato che fa sì che il Tacco d'Italia sia all'ultimo posto in classifica tra le regioni italiane, con una media italiana di 530 ricoveri nel 2000 e 314 nel 2010. I dati sono stati diffusi dall'associazione Diabete Italia onlus in occasione della Giornata Mondiale del Diabete 2013 celebrata il 9 e 10 novembre 2013, cui si associano altri sconfortanti dati. Sempre in Puglia, infatti, in media i ricoveri per diabete non controllato nel 2000 sono stati 58,6 e nel 2010 31,42, con un calo del 46%. Il dato nazionale si attesta sui 37,3 nel 2000 e 19,79 nel 2010. Ancora all'ultimo posto con 74 ricoveri con complicanze croniche del diabete nel 2000 (il dato nazionale è di 39) e di 60 nel 2010 (35 in Italia). In linea con la media nazionale, invece, il dato sul numero di ricoveri per amputazioni agli arti inferiori a causa del diabete: 14 nel 2000 (in Italia 13) e 15 nel 2012 (su 13 nazionali).

Anche in Puglia, come nel resto d'Italia, il numero di persone che dichiara di essere affetto da diabete è in aumento: in dieci anni si è passati da 182mila persone a 272mila, per 7.500 casi in più in un anno. In percentuale, il 6,7% della popolazione pugliese dichiara di essere affetto da diabete, con un incremento in dieci anni del 2,2%. In Italia il numero di persone con diabete è aumentato in 12 anni di quasi la metà. Si è passati da 2,15 a 3,27 milioni di persone con poco meno di 100 mila casi in più ogni anno e il dato è probabilmente sottostimato. Almeno un altro milione, più probabilmente 1,5 milioni, di persone hanno il diabete senza saperlo.

Altro triste primato pugliese riguarda la percentuale di obesità tra i giovani: tra i 6 e 17 anni sono in sovrappeso è del 30%, seguiti da Calabria, Sicilia e Campania. In leggero calo, infine, le i tassi standardizzati di mortalità per diabete: su 100mila persone, sono state 44 nel 2000 e 51,5 nel 2010. Sempre secondo l'associazione nazionale, a medio-lungo termine la situazione non migliorerà: le nuove generazioni sviluppano sovrappeso e obesità più spesso e prima delle generazioni precedenti e questo fa temere una crescita nel numero di casi di diabete ancora in età lavorativa. Premesso che il diabete è più spesso un ‘mandante’ che un killer e colpisce soprattutto attraverso infarti e ictus ci sono comunque 51 persone ogni 100 mila (e quindi 30 mila persone all’anno) che muoiono a causa del diabete.

La Giornata mondiale del Diabete è stata l'occasione anche per rilanciare le questioni calde su cui le associazioni si battono da anni. Nonostante la stima dei dati parli di 3milioni di persone affette da diabete, manca, infatti, un registro nazionale che ne certifichi la diffusione. È probabile che almeno un altro milione, forse 1,5 milioni abbia il diabete senza saperlo. In pratica il 9% delle persone fra 20 e 79 anni ha il diabete così come il 20% delle persone più anziane senza dimenticare 15 mila bambini e ragazzi con diabete di tipo 1 e le loro rispettive famiglie.

«Vogliamo che questa Giornata Mondiale del Diabete 2013 rappresenti una precisa attribuzione di responsabilità per gli Assessori regionali alla Salute», commenta Salvatore Caputo, presidente di Diabete Italia che fin dal 2002 organizza la più grande manifestazione del volontariato in Sanità. «Il diabete di per se non impedisce a una persona di lavorare, di dare il suo aiuto in famiglia e alla collettività, di essere felice e creativo, in altre parole di vivere in modo pieno la propria vita. Richiede solo alcune attenzioni e sagge scelte di vita», continua Caputo, «viceversa il diabete può essere una catastrofe per la persona e per la famiglia, può costringere a lasciare il lavoro o a essere poco produttivi, a vivere e far vivere nell’ansia i propri familiari, distraendoli a loro volta dal lavoro e dalle attività di cura dei figli e dei nipoti. Può essere la prima causa di infarti, ictus, cecità, amputazioni. Una bolgia dantesca di drammi personali e sociali e di costosissime cure dell’ultimo momento».



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