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Cresce il secondo welfare in Italia

Data: 09/12/2013
Categoria: Altre News

Secondo il primo rapporto elaborato dal Centro Ricerca Luigi Einaudi, in aumento le collaborazioni tra soggetti pubblici, privati e non profit per rispondere in maniera innovativa ai bisogni emergenti 

A rilento ma in maniera progressiva si stanno sviluppando anche in Italia percorsi di “secondo welfare”, fondati sulla collaborazione fra soggetti pubblici, privati e non profit al fine di mobilitare risorse aggiuntive e offrire soluzioni. Uno strumento innovativo quanto necessario soprattutto alla luce della crisi dei tradizionali sistemi pubblici di protezione sociale. A rivelarlo il “Primo rapporto sul Secondo Welfare in Italia”, un documento frutto del lavoro biennale di Percorsi di secondo welfare, progetto realizzato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, e sostenuto da Corriere della Sera, Ania, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione con il Sud, Kme, Luxottica e, dal 2013, anche da Fondazione CRC e Fondazione Cariparo. 

Il secondo welfare abbraccia esperimenti di “welfare mix”, “societal welfare”, “welfare community”, già ampiamente diffusi in molti paesi dell'Unione Europea, nati dalla necessità di dare nuove risposte alla crisi coinvolgendo numerosi soggetti pubblici e privati, profit e non profit tra cui assicurazioni private e fondi di categoria, fondazioni bancarie e altri enti filantropici, il sistema delle imprese e i sindacati, associazioni ed enti locali. L'obiettivo è di rispondere in maniera innovativa ai bisogni emergenti – povertà, esclusione sociale, bisogno abitativo, conciliazione fra tempi famiglia e lavoro per le donne.

I dati italiani

Secondo L'OCSE, la spesa sociale non pubblica in Italia è pari al 2,1% del PIL, al di sotto di Svezia (2,8%), di Francia e Germania (3,0%), del Belgio (4,5%), per non parlare di Regno Unito (7,1%) e Olanda (8,3)%. A differenza di altri paesi, la nostra spesa privata è peraltro rimasta ferma nell'ultimo decennio. Esistono quindi ampi margini di crescita che potrebbero far affluire verso la sfera del welfare risorse pari a diversi miliardi. I dati del censimento Istat sul Terzo settore mostrano che le istituzioni non profit attive in Italia al 31 dicembre 2011 erano poco più di 300mila. Esse contano sul contributo lavorativo di oltre 5,7milioni di persone, di cui 4,8milioni di volontari (83,3%), 681mila dipendenti (11,9%). Prendendo in considerazione i soli dipendenti, il settore rappresenta attualmente il 3,4% della forza lavoro. Dal punto di vista del valore economico, il «fatturato» 2011 di questo variegato insieme di soggetti è stato stimato in circa 67miliardi di euro, pari al 4,3% del Pil. Le Fondazioni (oltre 6.200) sono relativamente più presenti nei settori dell'Istruzione e ricerca (11% di tutte le realtà non profit attive in questo ambito) e della Filantropia e promozione del volontariato (9,9%). Nel sistema spiccano le Fondazioni di origine bancaria (FOB) che nel 2012 disponevano di un patrimonio di oltre 42miliardi di euro. Nello stesso anno hanno realizzato 22mila interventi in favore dei propri territori, erogando complessivamente 965milioni di euro. Il patrimonio delle 32 Fondazioni di comunità (15 nate all'interno di un progetto di Fondazione Cariplo) ammontava nel 2012 a 227 milioni di euro. Queste realtà si propongono di «democratizzare la filantropia» attraverso la diffusione della cultura del dono. Le 15 Fondazioni di comunità lombarde hanno superato nel 2012 i 22,5 milioni di euro di erogazioni, grazie ai quali sono stati finanziati oltre 2.300 progetti di utilità sociale. 

Le imprese, le assicurazioni ed i Comuni 

Per quanto riguarda il sistema delle imprese, oltre l'80% delle aziende con più di 500 dipendenti ha avviato iniziative di welfare aziendale e contrattuale. Nel Rapporto sono presentati casi di aziende di grande e media dimensione (Azienda Trasporti Milanesi ATM, Luxottica, Colorificio San Marco, Nestlè Italia, SEA Aeroporti, Tetra Pak, UBI Banca, Unipol Assicurazioni) e si mettono in luce le possibili sinergie fra imprese, sindacati, enti locali, fornitori di servizi all'interno dei vari contesti territoriali. Un fenomeno nato come prettamente “aziendale” si arricchisce così di nuovi protagonisti e sviluppa nuovi strumenti come contratti di rete, patti per lo sviluppo, contrattazione di secondo livello e bandi regionali – che possono allargare i servizi alle piccole imprese. Nel settore delle assicurazioni, in Italia ci sono più di 500 fondi integrativi negoziali e volontari e circa 2.000 mutue sanitarie, molte delle quali nate dalla contrattazione collettiva di grandi categorie di lavoratori dipendenti; esse si autofinanziano per oltre 4 miliardi prestando servizi a più di 5 milioni di persone. Rimangono tuttavia ampi margini di crescita: la spesa sanitaria privata a carico delle famiglie, cosiddetta out of pocket, si aggira fra il 25 e il 30% della spesa sanitaria complessiva, mentre oggi meno del 4% è intermediata dalle assicurazioni e il 14% circa da organizzazioni mutualistiche non profit. Molti Comuni, infine, anziché indietreggiare di fronte alla crisi hanno avviato percorsi di rinnovamento. Si sono combattuti gli sprechi, si sono ripensati gli interventi e le loro forme di governance, rafforzando la tutela dei rischi derivanti dalla crisi - quindi sul lavoro e sulle nuove povertà. Il Rapporto illustra molte esperienze concrete di grandi comuni come Milano e Torino, ma anche di comuni medi e piccoli come Novara, Forlì, Udine, Parma, Modena e Pulfero. 

Gli esempi più significativi di secondo welfare sul territorio

Nella seconda parte del Rapporto vengono approfondite alcune esperienze ritenute emblematiche del secondo welfare che già esiste in Italia. Uno degli ambiti più significativi è quello della finanza sociale dove si stanno sviluppando iniziative che mirano a cambiare i tradizionali rapporti tra finanza, terzo settore, enti pubblici e imprese. UBI Banca nella primavera 2012 ha sviluppato con successo titoli obbligazionari che oltre a garantire un ritorno sull'investimento offrono ai sottoscrittori la possibilità di sostenere iniziative di riconosciuto valore sociale. Nello stesso periodo Banca Prossima ha costituto una piattaforma online attraverso cui i privati possono prestare denaro direttamente alle organizzazioni non profit. Nell'ambito delle politiche abitative, viene illustrato il passaggio dall'edilizia residenziale pubblica all'housing sociale, rivolto al “ceto medio impoverito” e basato su nuovi modelli di governance in cui l'ente pubblico diventa regolatore e promotore di i nterventi abitativi. Nell'ambito dei servizi alla persona vengono approfondite le Fondazioni di partecipazione, come la Fondazione Cresci@MO, istituita nel 2012 dal Comune di Modena, a cui è stata affidata la gestione di cinque scuole dell'infanzia comunali. Un capitolo infine è dedicato alle politiche di conciliazione, concentrando l'attenzione sui percorsi di riforma a livello sub-nazionale, prendendo in esame l'esperienza delle Reti territ oriali di Regione Lombardia.



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