Ancora inefficienti le politiche della cronicità
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Secondo il Rapporto di Cittadinanzattiva tra costi elevati e difficoltà di conciliare lavoro e cura avere una o più patologia cronica e rara è diventato un "lusso". Richiesta a gran voce la modifica dell'ISEE

«Chiediamo al Governo e al Parlamento un’azione concreta, a partire dalla Legge di Stabilità in discussione, eliminando l’insopportabile misura prevista dalla L. 214/2011 e dal nuovo regolamento ISEE secondo cui i trattamenti assistenziali come indennità di invalidità civile e di accompagnamento sono considerati “fonti di reddito” e quindi da considerare nel computo dei redditi familiari». La richiesta arriva da Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva in occasione della presentazione del XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità.
Costi diretti e indiretti elevati e difficoltà di conciliare lavoro e tempi di cura: questo vuol dire oggi, in Italia, avere una o più patologia cronica e rara, o accudire una persona malata. Un “lusso” analizzato dal Rapporto che porta spesso a ritardare o a rinunciare alle cure necessarie, perdere il posto di lavoro, confrontarsi con la crisi dei redditi familiari e con le discriminazioni regionali nell’accesso alle prestazioni socio sanitarie.
Lavoro e tempi di cura
L'analisi realizzata dal CnAMC è sconfortante: l’84% delle associazioni dichiara che i pazienti non riescono a conciliare l’orario di lavoro con le esigenze di cura ed assistenza, al punto che nel 63% dei casi hanno ricevuto segnalazioni di licenziamenti o mancato rinnovo del rapporto lavorativo per le persone con patologie croniche e invalidanti e nel 41% dei casi per i familiari che li assistono. Il 60% ha riscontrato difficoltà nella concessione dei permessi retribuiti, il 45% nella concessione del congedo retribuito di due anni; il 49% evita di prendere sul lavoro permessi per cura, il 43% nasconde la propria patologia e il 40% si accontenta di eseguire un lavoro non adatto alla propria condizione lavorativa.
I costi
L’assistenza sociosanitaria costa e non si può rischiare di perdere il posto di lavoro: il 54% ritiene troppo pesante o oneroso il carico assistenziale non garantito dal Servizio sanitario nazionale. Si spendono in media 1585 euro all’anno per tutto ciò che serve alla cosiddetta prevenzione terziaria (diete particolari, attività fisica, dispositivi e tutto ciò che è utile per evitare le complicanze), più di 1.000 euro per visite ed esami a domicilio, o ancora in media 3711 euro l’anno per adattare la propria abitazione alle esigenze di cura. Chi non può pagare, in una percentuale che arriva anche all’80% di chi è in cura, rinuncia alla riabilitazione, al monitoraggio della patologia, ad acquistare i farmaci non dispensati, alla badante, all’acquisto di protesi e ausili non passati dal servizio sanitario nazionale.
La prevenzione
C'è molto da fare nel campo della prevenzione:: il 53% delle associazioni non ritiene sufficiente quella primaria (corretti stili di vita); il 60% considera inadeguata o del tutto carente la prevenzione secondaria (interventi per una diagnosi precoce e per la riduzione del danno). Per la prevenzione terziaria (relativa alle complicanze) sale al 64% la percentuale delle associazioni che ritengono non si faccia. E sempre più spesso, inoltre, l'unica soluzione è sostenere costi privati per accedere a visite specialistiche o esami diagnostici (89%).
La diagnosi
Troppo spesso è lungo e complicato identificare il problema. Il 75% delle associazioni dichiara di aver ravvisato ritardi diagnostici nella propria patologia di riferimento. Il sospetto diagnostico viene formulato generalmente dallo specialista di riferimento (67%) e solo nel 20% dei casi dal medico di medicina generale che si interfaccia con lo specialista solo per il 59% delle associazioni.
«Chiediamo inoltre al Governo - continua Aceti - e alle Regioni di avviare un confronto anche con le Associazioni di cittadini e di pazienti sia sul Patto per la Salute, sia sulla prossima Spending review, che rappresentano le vere partite per il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Non vogliamo infatti correre il rischio che queste misure possano comportare un’ulteriore compressione di tutele e di diritti». Al palo, inoltre, l'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza che dovrebbe prevedere, tra l’altro, la revisione del Nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili e degli elenchi delle patologie croniche e rare esenti.
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