Il 5 per mille? Confuso e inadeguato
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È il giudizio espresso dalla Corte dei Conti nella relazione al Parlamento del dicembre 2013

Confuso e inadeguato al possibile ruolo istituzionale del provato sociale. È questo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti che ha stroncato il quadro normativo che regola il 5 per mille nella relazione inviata al Parlamento e alle principali amministrazioni dello Stato. Le misure sollevate sono quelle in più riprese sollevate dal mondo del terzo settore: soldi non assegnati, tetto non in linea con il volere dei contribuenti, un sistema farraginoso che rivela profonde incompetenze. Sotto accusa anche l'iniquità del sistema che spesso non premia in maniera adeguata chi lavora duramente nel sociale, a cui vanno pochi spiccioli, mentre il grosso della torta rimane in mano a pochi privilegiati. L'ordinamento attuale favorisce gli enti di maggiori dimensioni e più strutturati e l’attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva “fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti” rischiando “di piegare un istituto di rilevanza sociale a finalità egoistiche e personali”. La differente capacità fiscale dei contribuenti sul territorio fa sì che i Comuni più ricchi possano beneficiare, in proporzione, di maggiori introiti, “senza alcun meccanismo di perequazione o coordinamento”. Bocciato anche il tetto di spesa, in contrasto con le determinazioni dei contribuenti.
Un sistema che fa acqua da tutte le parti considerando anche gli evidenti ritardi nelle erogazioni causate dalla pluralità di amministrazioni coinvolte, spesso poco coordinate. Un mix di incertezze segnato anche da una certa opacità, considerando che secondo la Corte dei Conti dovrebbe essere migliorata anche la trasparenza dei dati inseriti sulla rete web, dove non sono identificabili i beneficiari e non vengono pubblicati gli aggregati dei contributi ottenuti dagli enti presenti in più elenchi.
La percentuale degli optanti fra coloro che non presentano la dichiarazione dei redditi “è minima e, pertanto, risulta disincentivata la contribuzione al 5 per mille di un rilevante numero di persone, generalmente quelle a più basso reddito”. Nessuna scelta è possibile per i milioni di cittadini che non pagano l’Irpef. Infine, “sussiste un conflitto di interesse di numerosi enti che, anche indirettamente, gestiscono i Centri di assistenza fiscale e sono potenziali beneficiari del 5 per mille“.
La Corte dei Conti non fa sconti e il documento è corredato dall'obbligo di comunicare alla Corte e al Parlamento entro sei mesi le “misure consequenziali adottate” o in alternativa entro 30 giorni “un provvedimento motivato” ove ritengano “di non ottemperare ai rilievi formulati”, elenca una serie di inefficienze e iniquità che salvano ben poco dell’attuale impianto.
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