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«Non farti rubare la speranza». Lettera aperta agli imprenditori

Data: 09/09/2018
Categoria: Altre News

In occasione della giornata mondiale dell’Onu per la prevenzione dei suicidi, che si celebrerà domani 10 settembre, L’Asgi e Aipec pubblicano un appello e tendono la mano a chi è in difficoltà

Domani, lunedì 10 settembre, è la giornata mondiale dell’Onu per la prevenzione dei suicidi (un male oscuro che ogni anno spegne 800mila vite in tutto il pianeta). Tra le motivazioni, soprattutto per gli uomini, ci sono i fallimenti in ambito lavorativo: la disoccupazione prolungata da una parte, la chiusura della propria azienda dall’altra e il conseguente senso di fallimento. Negli anni della lunga crisi economica che ha colpito l’Italia il fenomeno si è fatto sentire in maniera consistente, adesso la situazione sta lentamente migliorando ma la guardia deve restare sempre alta. L’Asgi, l’Associazione San Giuseppe imprenditore, nata nel 2012 con l’obiettivo di sostenere gli imprenditori avendo come riferimento gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, insieme ad Aipec (Associazione italiana imprenditori per un’economia di comunione) in occasione della giornata mondiale dell’Onu hanno deciso di pubblicare sul loro sito un appello, «Non farti rubare la speranza», prendendo in prestito le parole di Papa Francesco.

Di fronte alle difficoltà legate «agli insoluti, la mancata liquidità, l’indebitamento con le banche, i crediti d’imposta non riscossi, le tasse esose, la burocrazia, i cavilli normativi» che portano a dover chiudere un’attività, la tentazione di «togliere il disturbo» può fare capolino nelle mente di alcune persone più fragili. Ma «non è questa la soluzione per non soffrire più e non far più soffrire le persone che ti amano» si legge ancora nella lettera. «C’è sempre un’alternativa alla disperazione: per vederla si deve accendere la speranza». E lo si può fare solo chiedendo aiuto.

Il presidente dell’Asgi Lorenzo Orsenigo, già presidente della Orsogril, azienda del settore dell’edilizia obbligata al concordato per salvaguardare i dipendenti, spiega che il "lavoro" dell’imprenditore non è uguale a tutti gli altri. «C’è una grande passione che noi mettiamo nel nostro lavoro, che dura anni e anni. Quando poi succede che l’attività si ferma ci sentiamo persi, siamo come dei samurai perché perdiamo tutto. Che si tratti di artigiani o imprenditori veri e propri (con più di 15 dipendenti) cambia poco». Il senso si sconfitta che si prova è grande. «Si perde l’identità, si prova vergogna, non ci si sente più rispettati come prima, ci si trova di fronte ad un fallimento». Orsenigo spiega che rispetto al passato i casi sono un po’ diminuiti e che la lettera «è diretta soprattutto ai familiari, a chi sta vicino a chi si può rendere conto che c’è un problema». Poi aggiunge con un po’ di amarezza che si è rivelato inutile il tentativo di coinvolgere Confindustria in questa battaglia. Un’occasione persa per Orsenigo. Gli ultimi dati disponibili dell’Osservatorio della Link campus University parlano di 822 casi di suicidi legati a motivi di lavoro dal 2012 ad oggi. La fascia d’età più colpita è quella dei 45-54enni, il Veneto e la Campania sono le regioni più colpite. Nel Sud sono soprattutto le persone senza lavoro a togliersi la vita mentre il Nord-Est è l’area più a rischio per gli imprenditori che si vedono costretti a chiudere la propria attività. Negli ultimi due anni l’Asgi ha letteralmente "salvato" una cinquantina di imprenditori che si sono rivolti all’associazione attraverso i suoi svariati canali. Il primo "contatto" spesso è il telefono Arancione una linea amica gratuita (attiva 24 ore su 24 allo 02-37904770) gestita ad ex-imprenditori. In due anni oltre un migliaio le telefonate ricevute. Si cerca conforto prima, soluzioni concrete dopo. Ci sono poi altre importanti iniziative come la "Compagnia delle idee" che offre nuove opportunità di lavoro agli imprenditori costretti a ricominciare da zero, l’Accademia che si occupa di formazione continua, il Magazzino che acquisisce i brevetti rimasti inutilizzati in seguito a procedimenti fallimentari e le strutture di accoglienza destinate ad imprenditori e professionisti rimasti senza casa e lavoro. Insomma una vera e propria rete di salvataggio per «non lasciare indietro» nessuno.MMB

 

 

 

 

 

 

Fonte:Avvenire



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