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Strutture psichiatriche in Puglia, rinforzato il "monopolio" dei privati

Data: 06/03/2008
Categoria: News Associazioni Lecce e provincia
Allarme "nuovi manicomi" lanciato da numerose associazioni per disabili e mentali pugliesi. Preoccupazione esprime anche il CADiS salentino
Di seguito il comunicato stampa inviato dalle associazioni:

MANIFESTIAMO IL NOSTRO DISSENSO! giovedì 6 marzo ore 10.30 la COMMISSIONE SANITARIA REGIONALE PUGLIESE approverà il 'VUOTO PER PIENO' via libera ai NUOVI MANICOMI in puglia MA NOI CITTADINI POSSIAMO IMPEDIRLO incontriamoci numerosi presso la sede della Regione Puglia via capruzzi 212 BARI

DI CHE SI TRATTA: La Puglia, per quanto riguarda le strutture residenziali e semi-residenziali psichiatriche, ha da tempo una situazione anomala, molto discutibile. Questa situazione si può definire "di monopolio" di alcune grosse strutture che, senza alcun criterio meritocratico o di valutazione, godono di benefici a discapito di qualsiasi logica riabilitativa accettabile. La proposta avanzata da queste strutture è davvero estremamente allarmante alla luce di qualsiasi approccio dignitoso alle problematiche della salute mentale. Analizziamo i punti più scandalosi della delibera: - Gli enti privati col "vuoto per pieno" otterrebbero dalla Regione di essere riconosciuti ancora come enti storici ed in quanto tali che venga effettuato il pagamento delle rette dei pazienti in carico indipendentemente dalla presenza o meno di essi. La Regione dovrebbe erogare loro le quote non sulla base del servizio realmente offerto ma sulla disponibilità del servizio. Uno dei criteri fondamentali per i prossimi anni per la valutazione e il rinnovo dei contratti da parte delle ASL dovrebbe essere quindi il volume delle attività (fatturato), come se si trattasse di fabbriche di bulloni, semplicemente perchè, avendo questi enti ora il monopolio e il fatturato maggiore, vogliono garantirselo per i prossimi venti anni, senza alcuna valutazione di merito sull“eventuale operato (art. 9 1-1). - Gli enti privati col "vuoto per pieno" otterrebbero dalla Regione di istituire (accettare la loro creazione da parte degli stessi "enti storici") nuove strutture denominate "comunità psichiatriche a lunga degenza", con numeri posti letto 20. Nel senso: dopo una lunga (indefinita) riabilitazione ci prepariamo con strutture in cui la lungodegenza dovrebbe terminare il percorso (di vita?). Qualsiasi intervento di tipo sociale viene messo al bando per garantire così a questi enti, non solo il monopolio delle riabilitative ma anche di eventuali altri piccoli manicomi che verrebbero istituiti attraverso differenti strutture, rosicchiando così ulteriori "mercati" ora pubblici (art. 9 1-2). Non solo con questo passa il vuoto per pieno ma si comincia così a porre i presupposti per allargare il "mercato" infiltrandosi poco a poco, fino a sostituirsi in futuro alle strutture pubbliche rimaste (fine art. 9). Significa di fatto favorire l“entrata nei circuiti psichiatrici riabilitativi e non permettere di uscirne (prassi sempre più corrente). Significa di fatto permettere che si mantengano (aboliti con la L.180 - legge Basaglia - ma di fatto solo rimodernati). Peraltro il 19 febbraio 2008 con la L.R. n.1 si apportano modifiche alla L. 40/2007 che escludono dai servizi l“intervento di figure professionali non sanitarie, a vantaggio di interventi solo sanitari, coercitivi e farmacologici, rendendo inapplicabile il regolamento 7/2002 relativo alla dotazione organica dei centri diurni dei C.S.M. Da parte della regione significa accettare e promuovere un“ipotesi che vede come risposta al disagio e alla sofferenza umana una scelta tutta sanitaria (a vantaggio economico di pochi), una psichiatria tutta brutale che avanza ad una velocità sconcertante riproponendo e tornando a pratiche terribili come la lungodegenza, l“elettroshock e le istituzioni totalizzanti vestite di nuovo solo a parole, a dispetto di una ridefinizione delle politiche di intervento, anche di metodi e sistemi a basso impatto ma capaci di aiutare realmente. Forse non tutti sanno che le strutture psichiatriche di questo privato sociale già oggi assorbono i due terzi della spesa sulla salute mentale a fronte di un servizio senza alcuna logica sociale e distribuzione sul territorio. In allerta le associazioni a tutela della cura e della salute mentale e gli operatori non sanitari dei servizi pubblici territoriali, che da diversi mesi, attraverso comunicati, fax e richieste continue, hanno provato a contattare, dialogare e discutere col governatore Vendola sulla questione senza alcun successo. Gli unici tavoli aperti di confronto che governatore e assessore alla Salute hanno concesso sono stati sempre e solo con gli enti gestori. Tanto che adesso ci troviamo davanti a leggi a misura dell“aggravamento della sofferenza e della cronicizzazione degli utenti e a vantaggio dei bilanci delle imprese. Tutto questo avviene in Puglia, terra oggi di una sinistra attenta, terra oggi di vertici di psichiatria democratica. ATTENZIONE PERCHÈ Lo scorso 19 febbraio la Giunta Regionale ha approvato il regolamento per sancire questa assurda proposta. Giovedì prossimo, 6 marzo, la commissione sanitaria della Regione potrebbe vararne definitivamente l'applicazione. Un segnale dalle varie realtà italiane sarebbe importante per evitare il rischio di una ennesima istituzionalizzazione. Chiediamo alle varie forze politiche che si definiscono spesso "attente" alle nostre problematiche una presa di posizione precisa e pubblica in merito. Chiediamo ai lavoratori ed ai sindacati che si sono più volte interrogati ed hanno più volte dissentito dalla scelta della delibera "vuoto per pieno" di mobilitarsi il 6 marzo. Rivolgiamo l“appello affinchè alla Regione Puglia giunga la voce di tutti coloro che non credono sia questo il modo di affrontare il problema della ri-abilitazione psichiatrica. Facciamo sentire la nostra VOCE al Presidente della Regione on. Nichi Vendola segreteria.presidente@regione.puglia.it inviando un appello "No al vuoto per pieno! No alla contenzione a vita nelle strutture riabilitative psichiatriche!" e partecipando alla MANIFESTAZIONE DI DISSENSO di giovedì 6 marzo.


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